Io ti aspetto, parolina bella

sangue individuale, annacquato di sociale, coagulato nel duale, tra le garze del disagio strutturale, non si stropicciano più neanche i pensieri

Come la conoscenza scivola su una gerarchia inclusiva di proposizioni così tanto ragionevoli che le devi prendere cosí come sono, io correrei da te.
Fuori dai locali, le sedie rovesciate sopra i tavoli aspettano la mattina come io te, che sono capovolto mille volte.
Ti ho nella forma di parola sulla punta della lingua puzzolente di ritter alle fragole e kölsh, the only language u can drink, il dialetto di queste parti sul Reno.
Pezzo di Pravda che sfuggi all’uomo come il tempo.
No dai, aspetta un attimo. Fai presto, rifiuto, resisto.
Cara parola mia. Bàgnati. Bagnàti.
Dai. Ti aspetto. Un attimo. Eccoti. Non mi vieni. Mi attrai e ti ritrai.
A tratti tratti e ritratti. Ma come?
Le mie migliori energie per te. Uffi. Piuttosto dimmelo.
Questa pelle nera sintetica riflette quel quadro della coca cola su cui mi sono specchiato.
Ti aspetto ancora un po’ mentre provo a pensare ad altro.
Ma perchè non vieni. Ogni istante mi sembra, ma no.
Ma cavolo, assomiglia a una funzione ma non è neppure una primitiva sua.
Neppure un teorema. Neppure le parole che non si ascoltano.
I mammiferi preistorici.
Che ci avevano bisogno di coccole pure loro, pure se erano alti cinque metri.
Ti aspetto, cara parola mia che non arrivi.
Non fosse tardi ed esistesse, lo chiederi a qualcuno che lo sa.
Mi sa che devo uscire. Lo so che mi cadrai in testa come la deformità nel post di un post precedente. Bicchiere svuotato. Ora esco e vado a cercare Julicher Straße.
Che parolina bella sarai abituata, in larga compagnia,
al vilipendio di una riga di frustrati, che te li schiaccio con un dito.
William Burroghs, per non parlare degli amici suoi,
mi sta un po’ sul cazzo, but love my penis cut in two.
Magari ti devo aspettare dormendo.
Madonna quanto vorrei scrivere “eccoti qui”. Ma ti penso e non arrivi.
Eppure sei solo una parola.
Ho perso il telecomando, anche se li so costruire tutti.
Citofono e provo a dormire.
Che tanto lo so, mi stai chissà dove, per quanto mi sia dato.
Ti incontro in sottoripa e sei l’ennesimo cagnaccio.
Tu che lo sei, dimmela.
Guarda che per me, tertium datur est!
Svegliamoci insieme tutte le mattine.
Parolina Bella.
Vado a dormire.

Mi sveglio.
Ti chiami Assioma.

Ma sei la struttura relazionale che li ordina.

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